STORIE

News L’epoca egizia fu un periodo di fioritura della cultura, della musica, dell’arte e della medicina. La popolazione politeista che abitava l’Antico Egitto credeva nell’immortalità dell’anima, possibile solo a condizione che il corpo venisse mantenuto intatto. Per questo, gli Antichi Egizi svilupparono la sofisticata pratica della mummificazione. Si pensa che l’arte della mummificazione sia stata loro suggerita da un fenomeno naturale: in passato, infatti, i corpi venivamo sepolti in buche scavate nella sabbia e, a causa dell’aridità, riuscivano a conservarsi bene. Gli antichi egizi dovettero quindi elaborare una tecnica affinché si potesse ottenere lo stesso risultato seppellendo i corpi nei sarcofagi. La mummificazione, arte molto complessa poiché richiedeva una conoscenza anatomica specifica, veniva praticata dai sacerdoti e consisteva nell’estrazione degli organi interni attraverso un uncino di bronzo. Successivamente il corpo veniva immerso per 40 giorni in acqua salata per portarlo ad essiccazione. Passati i 40 giorni il corpo veniva unto di oli e spezie e veniva avvolto in bende di lino. Infine la mummia veniva messa all’interno di un sarcofago e talvolta veniva ricoperta da metalli preziosi. Gli organi estratti venivano posti all’interno di quattro vasi detti “canopi”, nome che forse derivante dalla città di Canopus oppure da Canopo, personaggio mitologico seppellito in Egitto. I canopi raffiguravano delle divinità dette figlie di Horo e servivano per proteggere gli organi dalla decomposizione. Ma la mummificazione non era un’arte praticata solo nell’antico Egitto; anche le popolazioni orientali di Cina e Giappone ne fecero uso verso l’XI secolo. La mummificazione in questi paesi è conosciuta come sokushinbutsu ed è una pratica religiosa praticata principalmente dai buddisti. A differenza delle tecniche dell’antico Egitto, lo sokushinbutsu veniva praticato solo ai monaci quando erano ancora in vita. Il monaco si recava nella “Palude degli Immortali” dove trascorreva un periodo di meditazione e duro esercizio fisico, seguendo una dieta limitativa basata solo su acqua, noci e semi allo scopo di far perdere massa grassa.  Nella seconda fase, il monaco intraprendeva una nuova dieta basata soltanto su piccole quantità di corteccia, aghi e radici di conifere, mantenendo attivo il corpo e la mente tramite l’esercizio fisico e la meditazione. Questa dieta portava alla perdita del peso corporeo e alla disidratazione. Inoltre, il monaco doveva bere un tè tossico a base di linfa velenosa, che provocava sudorazione e nausea, portando il corpo ad essere repellente per gli insetti una volta deceduto. Nell’ultima fase, il monaco entrava in una cripta in pietra, successivamente sigillata, e poteva respirare solo attraverso una piccola cannula di bambù. All’interno aveva con sé solo una piccola campanella, che suonava di tanto in tanto per far capire ai monaci che vegliavano su di lui che era ancora in vita. La cripta rimaneva chiusa per mille giorni, al termine dei quali veniva aperta per constatare che il processo di mummificazione fosse andato a buon fine. Se la mummificazione era riuscita, il monaco era giunto alla condizione di Buddha, in caso contrario, si doveva eseguire un rituale di esorcismo. In ogni caso, il monaco veniva rispettato e ammirato per il durissimo percorso di mummificazione alla quale si era sottoposto. L’Antico Egitto incuriosisce grandi e piccini…venite a scoprirlo con tutta la famiglia?

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