Ci avviciniamo a una delle ricorrenze più attese prima del Natale e per festeggiarlo con voi vi proponiamo un viaggio di scoperta verso i significati più antichi e tradizionali di una festa che oggi, come quasi tutto, si vive in termini consumistici e superficiali, nella versione un po’ contaminata e reintrodotta che ci arriva dagli Usa, ma che affonda le radici nel passato pagano e celtico europeo. Una festa nordica la cui eco si è trasmessa già in tempi antichissimi nella nostra regione e che, insospettabilmente, sopravvive ancora nella memoria delle nostre nonne e nelle usanze e nelle tradizioni delle nostre valli piemontesi.
Si tratta di una festa che ci parla di un momento speciale dell’anno, di un tempo particolare di passaggio, di transizione, sospeso tra vita e morte.
Il sottile diaframma che separa questi due mondi si rende permeabile.
I morti possono far visita ai viventi e i viventi si recano alla casa dei defunti, la tomba, il cimitero, per rendere loro omaggio. Come il seme che deve germogliare, il morto è una entità sotterranea che può propiziare la buona riuscita di una nuova annata di raccolti.
Per questo, nell’antica cultura dei celti e anche dei celto-liguri che occuparono le nostre terre, questo era il Capodanno e il suo nome era Samhain.
La notte precedente, quella del 31 ottobre, era festeggiata con un banchetto che si svolgeva orgiasticamente con abbondanti libagioni presso i cimiteri. Le feste perduravano 12 giorni, dal 31 ottobre all’11 novembre(il nostro San Martino).
Erano feste in cui si sacrificavano animali, si accendevano falò, si cantava, si danzava, ci si ubriacava e cadevano le barriere tra il popolo e le autorità. Molti indizi (anche ricavati da riscontri linguistici e medievali) fanno pensare che nella notte di Samhain e forse nei giorni successivi, si aggirassero torme di maschere in processione, un po’ demoniache, forse intese a raffigurare il ritorno dei defunti.
Halloween quindi non sarebbe altro che la rappresentazione attualizzata di usanze antichissime.
Ovviamente in ambito cattolico si è cercato di contrastare l’idea che le anime dei morti potessero ritornare o apparire ai vivi in qualche forma reale, anche per opporsi al culto dei morti che era centrale nel mondo pagano e da cui occorreva prendere radicalmente le distanze.
La venerazione dei defunti poteva solo essere consentita per il culto dei Santi, i soli veramente meritevoli di memoria in quanto morti per le fede e più vicini a Dio.
Alla fine dell’VIII secolo l’episcopato franco istituisce per il 1 novembre la festa di Ognissanti e nel 998 Odilone di Cluny ordina di celebrare l’ufficio dei defunti per la data del 2 novembre; viene così inglobata nel calendario liturgico, l’antica festa pagana; intorno al XII secolo, per dare finalmente una collocazione ai defunti senza pace, che in questo periodo la tradizione continuava a celebrare, si individua “un terzo luogo”, non riportato dalle Scritture, e siinventa così il Purgatorio(cfr. l’insuperabile indagine di Jacques Le Goff, La nascita del Purgatorio).
Nel trascorrere dei secoli le credenze popolari relative al “ritorno dei morti” hanno avuto ampia diffusione. L’ambiguità del rapporto con la morte è evidente, tra affetto per i propri cari trapassati e repulsione per il loro spirito inquieto che talvolta si teme non voglia stare nel suo mondo e possa disturbare i vivi.
Forse qualcuno si ricorda della tipica espressione dialettale: “Se veni da part de Diu parlé, se veni da part del diau fé vostra strà” che ancora alcune delle nostre nonne pronunciavano quando in quella notte in casa si sentivano rumori sinistri?
Per la cultura popolare la notte che precede la ricorrenza dei defunti è la “loro” notte. Le anime del Purgatorio, nella loro apparenza corporea, si levano dalle tombe e si recano in processione per le vie dei paesi. Le chiese si arricchiscono di pitture evocatrici.
In casa, c’era l’usanza di lasciare un letto appena rifatto per consentire al morto di riposare nella propria casa e sul tavolo della cucina del cibo (normalmente fave o castagne e vino) perché si potesse ristorare.
La notte che precedeva il 2 novembre le campane suonavano a morto fino all’alba.
Si racconta anche di una questua dei bambini che “andavano per anime” con un velo nero in testa per somigliare forse ai morti e giravano per le cascine con una cesta chiedendo qualcosa da mangiare in suffragio delle anime del Purgatorio. Ed ecco che ne ritroviamo l’eco nel nostro “dolcetto o scherzetto”.
A Castellazzo Bormida, Ozzano Monferrato e Vignale Monferrato, in provincia di Alessandria, c’era l’uso di “prendere i morti”, cioè andare in giro per le case con un pentolino con dentro fagioli o ceci.
Pronti a scoprire con noi Halloween?